giovedì 22 aprile 2010

Al Rabbì(con devozione)







Illustrissima Maestà, Magnanimo et Benevolente “Re Sole”, senza il quale tutte le cose non sarebbero mai state create; Sua Eccellenza Degnissima, On. Dep. Pres. Prof. Dott. , mi permetto di disturbarla da quaggiù per chiederle umilmente scusa, genuflettendomi e promettendo solennemente di ricorrere per almeno tre settimane alla penitenza del cilicio(dal greco κιλίκιον), così come Summa Regola chiede agli eretici et ai plurimi peccatori.
Essendo privo di titoli ho faticato un po’(come fa l’umana gente) a cimentarmi nell’ardua lettura della Sua preziosissima missiva, paragonabile solo alle grandi Bolle Papali di Leone X e chiedo venia se con la rozzezza delle mani di uomo ho involontariamente scalfito il sacro sigillo che ne custodiva segreti e profezie.
Sa (senza voler osar solo supporre per questo implicitamente che Ella non sappia), Lei ci apre gli orizzonti dello scibile e ci permette di conoscerci a fondo, di percorrere passo dopo passo le nostre umili vite di servi, fatte di fatica e sudore, e ci indica la via maestra per la Vita Nova.
Come darLe torto, visti i nostri studi di quart’ordine, di comodo, e considerato il nostro umano ricorrere alle cose di questo mondo, ad affannarci per esso a preoccuparci con esso.
Noi, tristi figure ripudiate persino dai gironi di dantiana memoria, nel nostro maldestro non guardare in alto per emularla e venerarla, foraggiando per questo la disubbidienza al dogma che la incorona tale, abbiamo peccato nel volere sollevare questioni di questo mondo.
Una volta, nella presunzione di potere abbeverarmi anch’io alla fonte della conoscenza superiore, lessi per errore(e me ne dolgo) che “La conoscenza si acquisisce leggendo i libri; ma quello che è veramante necessario imparare, la conoscenza del mondo, si può acquisire soltanto leggendo gli uomini e studiando tutte le loro diverse edizioni”, attribuita a tale Lord Chesterfield, uomo dotato di sapiente umorismo, ma che il Buon Dio(senza offenderLa) privò precocemente di vista ed udito. Non per questo il conte di Chesterfield si perse d’animo e, come l’immenso Ludwig van Beethoven, anch’egli privato d’un senso, seppe rinascere imparando ad andare oltre i “cinque” per capire le cose di questo intrigato mondo, fatto di uomini, del loro umile sentire, del loro scrutarsi per capirsi, sforzandosi di capire parlando fra simili.
E, visto che Lei e i suoi discepoli di recente siete scesi in terra preoccupandovi dei meno fortunati, sfrattandoli per dar bonariamente loro un posto degno nella Terra Promessa, ci piace immaginarla come nella “Cena in Emmaus” del Caravaggio, presentatosi ai due discepoli ignari della sua Magnificenza.

Chiedendole ancora perdono, ci inchiniamo per rispetto, perchè siamo
Umani, troppo umani!